L’assemblea di Impregilo segna una data storica per il mercato italiano

Posted on 20 luglio 2012

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Finalmente il 17 luglio scorso si è tenuta regolarmente l’assemblea di Impregilo, chiamata dal secondo maggior azionista Salini per revocare il Consiglio di Amministrazione in carica. Il 12 luglio, data originaria dell’unica convocazione, l’azionista Igli (Gruppo Gavio) aveva tentato di annullare del tutto il voto di centinaia di piccoli azionisti, che si erano già espressi tramite delega, proponendo un rinvio dell’assemblea al 3 settembre: il nuovo punto all’ordine del giorno non era riportato nelle deleghe, che sono state così ritenute non utilizzabili dal Presidente del CdA. Un rinvio al 3 settembre avrebbe non solo azzerato tutto, ma creato ostacoli insormontabili per una nuova sollecitazione, che si sarebbe dovuta tenere in pieno agosto. Il neo-nominato Presidente Fabrizio Palenzona, che rischiava concretamente di perdere il posto, aveva deciso quindi di bloccare tutte le deleghe, tentando un estremo salvataggio per gli interessi dell’azionista che l’ha nominato (Gavio), della banca di cui è Vice Presidente (UniCredit, tra i maggiori creditori del Gruppo Gavio) e di quella di cui è stato Amministratore fino a pochi mesi fa (Mediobanca, altro grande creditore di Gavio che con UniCredit è parte del patto di sindacato che controlla la stessa Mediobanca, che è il principale azionista di UniCredit…). Sulla regolarità della decisione del Presidente di Impregilo si è espresso il Tribunale di Milano il 16 luglio: tutte le deleghe apportate tramite la sollecitazione devono essere ammesse al voto su tutte le decisioni assembleari, anche ogni eventuale ulteriore argomento di natura organizzativa. Il giorno dopo la contestatissima decisione, il Presidente del Collegio Sindacale di Impregilo, Giuseppe Levi, si è dimesso per “altri impegni personali”. Lo stesso Levi era stato chiamato in causa dall’avvocato di Salini, che lo aveva esortato ad esprimersi sull’esclusione delle deleghe.

Alla fine l’assemblea si è regolarmente tenuta 5 giorni dopo, con la presenza straordinaria anche di agenti della Polizia di Stato e uomini della Digos in borghese. Il risultato finale ha visto la vittoria di Salini con il 51,01% dei votanti: è risultato determinante (ça vas sans dire) proprio quell’1,6% circa di deleghe in più raccolte presso i piccoli azionisti e che si era tentato di bloccare.

Al di là della tentata esclusione del deleghe raccolte attraverso la sollecitazione (avvenuta sotto gli occhi della Consob), delle reali motivazioni alla radice della contesa (Salini è il principale concorrente di Impregilo e mira ad un’integrazione tra le due realtà) e degli aspetti legali connessi all’assemblea (relativi sia all’effettiva sussistenza di giusta causa per la revoca del CdA che a presunti collegamenti tra azionisti), preme sottolineare due risultati storici raggiunti con il voto, la cui importanza travalica Impregilo per abbracciare tutto il mercato italiano: per la prima volta i piccoli azionisti sono risultati realmente determinanti per il destino di una large cap italiana e proprio grazie a quei voti è stato sconfitto il potente sistema di conflitti di interesse che governa la “grande” finanza italiana.

Dalla semplificazione della normativa sulla sollecitazione alle deleghe di voto, con il Decreto Legislativo n.27 del 2010 che ha recepito la Direttiva Europea 2007/36 sui diritti degli azionisti, diversi emittenti ed azionisti hanno usufruito di tale strumento, con risultati anche sorprendenti (si pensi alle oltre 50.000 deleghe raccolte dal Banco Popolare presso i propri obbligazionisti per approvare la modifica al regolamento del prestito convertibile). Fatta esclusione di alcune battaglie su società a piccola o piccolissima capitalizzazione (ad esempio Aedes, Cape Live o SSBT), per la prima volta la sollecitazione ha dimostrato la reale potenza del coinvolgimento di tutti gli azionisti nelle decisioni sul destino delle società in cui investono. Troppo spesso gli emittenti considerano gli azionisti di minoranza (che siano istituzionali con piccole posizioni o privati) semplicemente come un bacino cui poter fare ricorso in caso di aumenti di capitale, provando a volte un chiaro fastidio nel loro coinvolgimento assembleare. Ebbene, grazie a quell’1,01% di scarto, distribuito su centinaia di deleghe, è stato dimostrato che se sollecitati (e speriamo anche opportunamente informati) i piccoli azionisti possono dimostrare una forza tale da eguagliare quella dei grandi investitori. Con Gavio hanno votato, oltre Mediobanca, anche istituti bancari solitamente pigri alla partecipazione assembleare come Veneto Banca (1,98%) e Banca Carige (1%). Con Salini si è schierato il fondo Amber Capital, il cui 7,3% circa del capitale non sarebbe comunque bastato, da solo, a determinarne la vittoria.

Il sistema che gira intorno a Mediobanca, su cui si inseriscono gli interessi di larga parte del sistema della grandi quotate italiane, attraverso patti di sindacato e cariche incrociate, ha subito una prima importantissima sconfitta. Lo stesso risultato non è riuscito nella contemporanea battaglia sulla fusione tra Unipol e Fondiaria-Sai, dove gli interessi di Mediobanca ed UniCredit (quest’ultimo azionista di FonSai con quasi il 7% ed entrambi grandi creditori del Gruppo) si allargano anche al principale concorrente Generali. Il fondo Sator e la finanziaria Palladio avevano tentato di intromettersi presentando un piano alternativo, che è stato rifiutato dal management delle società coinvolte e sul quale non hanno comunque potuto esprimersi gli azionisti di minoranza. Per una breve ma puntuale analisi del caso Unipol-FonSai si veda l’articolo del Wall Street Journal del 12 luglio scorso, “FonSai Shareholders Deserve Better” (gli azionisti di FonSai meritano di meglio).

La situazione di Impregilo non è certo chiusa (il gruppo Gavio ha presentato un esposto alla Consob su un eventuale concerto tra Salini ed il maggior azionista di minoranza Amber) e probabilmente si deciderà definitivamente nelle aule dei tribunali. La situazione della società poi è quanto meno complicata, con un azionariato diviso a metà, e poco rosea per gli azionisti di minoranza, che non vedono al momento ipotesi di OPA. Al di là della situazione della singola società, il voto di Impregilo ha comunque lanciato dei segnali forti ed incontrovertibili a tutto il mercato: gli investitori stanno acquisendo sempre più consapevolezza e forza, tanto da far immaginare che anche in Italia si potrà, speriamo presto, parlare di “primavera degli azionisti”.

Per un’esaustiva analisi dell’assemblea Impregilo si veda anche l’articolo di Antonio Vannuzzo per Linkiesta.it del 17 luglio scorso “Impregilo, perde Mediobanca: i poteri forti scoprono il mercato”.